14 settembre 2016

Insegnamenti

immagine dal web

Qualche giorno fa durante il ritorno da scuola con entrambi i nani in motorino, cercavo di insegnare alcuni fondamentali, atti alla sopravvivenza al mio settenne: le parolacce.
Si, so bene cosa starete pensando: ma che bella MADRE DEMMERDAH che sei, brava genio!
Ora, io sono una di quelle che non disdegna un vaffa o uno stica messo bene, d'altronde sono romana, un po' ce l'ho nel sangue, solo che fino ad ora ero sempre stata abbastanza rigida col nano, perché un conto è se le dico io (maddai), ben diverso è sentirle pronunciare da un bimbetto delicatino e con la R moscia. Metteteci pure che il mio Furio è uno di quelli che guai a dire culo e il gioco è presto fatto (epocali i suoi: che botta di sedere che ho avuto!! CULO, si dice CULO, porca miseria)

Tornando alla lezione di parolacce, non sono completamente uscita di testa a voler insegnare insulti aggratise a mio figlio. A monte di questa decisione, per altro tenuta supersegreta al purissimo marito, sta il fatto che il mio è un bimbo che facilmente potrebbe diventare bersaglio del primo bulletto che si alza la mattina con la sola intenzione di rompere le balle a qualcuno. 
Vorrei dargli alcuni di quegli strumenti che per alcuni sono insiti nella natura caratteriale, ma che ad un puro sognatore come lui non appartengono. Al mio incoraggiamento di esercitarsi su un bel vaffa a mano aperta, mi sono resa conto che anche nella pronuncia non calca molto le consonanti come solo noi romani sappiamo fare.
Al decimo tentativo, gliene è uscito uno abbastanza decente e ho messo fine al gioco, raccomandomi di non uscirsene senza motivo, solo ed esclusivamente in caso di bisogno e assolutamente non a scuola. Vero è che qui, sia a scuola che fuori, beccarne uno che parla e capisce l'italiano è relativamente difficile, ma vatte a fidá!!!!
Mi sono sentita molto Ruggero De Ceglie che spiega le basi del vivere coatto al figlio: DAI GIALLLLUCA CA**OOOO!!!!!

In tutto questo dire brutte parole (abbiamo anche approfondito su stro.. di varia natura, spiegandone il significato, e appurato che esistono svariate tipologie di stica**i in base al tono e alla situazione), probabilmente il treenne che dormiva, ha captato qualcosa in fase rem.
La mattina successiva infatti, dopo aver lasciato il grande a scuola, ripartendo in motorino, in una situazione di security semiarmata che smista il traffico sul piazzale, il piccolo fiodena ha salutato con gaudio una delle suddette guardie, con un naturalissimo: "ciao cornuto", agitando la manina e sorridendo.
Sono seguiti quindici minuti di risate scomposte da parte mia e autocompiacimento da parte del nano.
Ho creato un mostro!

V.
P.S. se lo scopre il padre sono morta.

1 commento:

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